In occasione del RDD abbiamo intervistato Valentina Cerrone, Socio fondatore di Butterfly A.P.S.

Le sue passioni:

  • Animatrice per bambini | organizzare giochi ed attività per i più piccoli è la sua grande passione da sempre
  • Innamorata dei gatti e dei cani | Zoe e Miele sono oggi i suoi due più grandi amici felini
  • Appassionata da sempre del ballo | la musica e i balli latino – americani sono sempre stati il suo hobby preferito
  1. Valentina, so che hai una malattia rara. Puoi riassumere brevemente qual è la diagnosi? E cosa vuol dire convivere con una malattia rara?

Nel 2015 mi è stata diagnosticata la Sclerosi Sistemica (SSc). Chiamata anche sclerodermia; è una malattia autoimmune sistemica, cronica e rara, caratterizzata da: fibrosi diffusa, anomalie vascolari cutanee, articolari e degli organi interni (specialmente esofago, tratto gastrointestinale, polmoni, cuore e reni). Nel mio caso i problemi maggiori, soprattutto all’inizio li ho avuti a causa della fibrosi polmonare, del morbo di Raynaud (un’alterazione della circolazione del sangue che colpisce mani e piedi) e del tratto gastrointestinale. Poi nel 2020, purtroppo anche in piena pandemia, sono comparsi gli attacchi epilettici ed ho subito un primo intervento per asportare una formazione lato destro del mio cervello e un secondo intervento pochi giorni dopo per delle complicanze. È stato difficile avere una diagnosi, la formazione che mi hanno asportato si è rivelata piuttosto rara, difficile da definire al primo esame istologico, poi le hanno dato il nome di: vasculite granulomatosa – tipo sarcoideo.

Non è semplice descrivere cosa vuol dire convivere con tutto questo. Alcuni momenti sono stati molto, molto difficili. Oggi sono in una fase stabile e sto abbastanza bene,ma convivo sempre con l’incertezza, la precarietà delle terapie e rincorro ogni giorno l’autonomia che ho perso.

  • È cambiata la tua vita da quando ti sei ammalata? E come?

Si, la mia vita si è completamente stravolta: sia nelle relazioni con gli affetti più stretti, per non parlare del lavoro che non ho più e della gestione delle attività quotidiane, più semplici. Tutto è cambiato, le cose più normali come: incontrare un amico, andare al cinema o in palestra.

Ci sono periodi nei quali il mio solo ed unico impegno è curarmi, altri periodi sono più sereni ma non avendo più una completa autonomia alcune attività per altri banali e scontate per me richiedono una particolare organizzazione.

  • Quanto è stato importante il ruolo della tua famiglia e degli amici nel tuo percorso di vita da quando ti sei ammalata?

La mia famiglia è stata ed è sostegno: morale, affettivo ed economico.

Gli amici, invece, probabilmente non hanno compreso che le mie priorità quotidiane man mano si modificavano e si sono allontanati.

  • La tua disabilità ti permette comunque di guardare al futuro con ottimismo?

No, perché sono un tutt’uno con la mia malattia, e questo mi impedisce di vivere a pieno il presente e spesso di guardare con ottimismo il futuro.

  • In questa fase la tua malattia non è visibile. Il fatto che gli altri non la vedono è positivo oppure no?

Si, in questo periodo la mia malattia non è visibile ad occhio nudo; cioè se qualcuno mi incontra apparentemente non c’è nulla che non va a differenza di altri periodi. Per alcuni aspetti è positivo perché nessuno ti guarda con compassione o ti fa domande strane; per altri aspetti è un problema, perché gli altri, la società in genere si aspettano da me comportamenti, reazioni, risposte o azioni diverse che io però non sono in grado di dare loro.

  • Frequentemente le persone malate, diversamente abili sono ritenute imperfette e sono vittima di pietismo, bullismo e discriminazione. Cosa ne pensi?

Bisogna fare una distinzione: ci sono patologie dove è visibile la disabilità e altre, comunque, gravi ed invalidanti ma dove la disabilità non è immediatamente visibile. Questo, come discutevamo prima modifica in alcuni aspetti il rapporto con la società e con gli altri. In ogni caso io penso che rispetto ad una persona malata con difficoltà ci sono categorie di persone che assumono comportamenti diversi, le potremmo riassumere in 5 gruppi:

1. cattive che bullizzano, 2. stupide che banalizzano, 3. superficiali che ignorano, 4. molte persone straparlano perché non sanno cosa dire 5. molte altre sono carine: parlano poco, ti guardano negli occhi e ti fanno un sorriso. Bisogna imparare ad ignorare le prime 4 tipologie.

  • Valentina, quanto cambia e se cambia il rapporto di coppia quando c’è un 3° incomodo come una MR?

In verità, cambia tutto. È necessario impostare con il proprio compagno un nuovo rapporto ogni giorno nel quale inserire la malattia, ahimè, sempre presente. Ci si può riuscire?! Si. Ci si può provare, ma bisogna mettere in conto: alti e bassi, molta pazienza, impegno e stima reciproca.

  • Pensando al futuro, se potessi esprimere un desiderio, cosa vorresti?

Una cura definitiva.

Sono speranzosa nei confronti della scienza che ogni anno fa grandi passi in avanti; mi auguro che possa dare risposte con nuove cure.

  • Come definiresti la tua esperienza con i medici, gli operatori sanitari, gli ospedali e con il servizio sanitario in generale?

In tutta onestà ho avuto nel corso di questi anni esperienze molto negative sia da un punto di vista umano che di competenze. Alcuni comportamenti, negativi gratuiti mi hanno ferita molto e talvolta l’incompetenza mi ha fatto paura. Se grazie alla mia famiglia non avessi continuato a cercare risposte oggi, certamente la mia situazione sarebbe diversa. Però ho anche incontrato persone splendide, professionali ed affettuose. Diciamo che bisogna essere fortunati ma anche testardi nel voler cercare le soluzioni, che non sono sempre a portata di mano. Oggi ho i miei punti di riferimento: uomini e donne speciali, grandi medici, sempre disponibili che ci mettono il cuore. Il reumatologo, il neurologo, il neurochirurgo e la mia psicologa ai quali ho affidato la mia vita; sono 4 persone straordinarie che auguro a tutti i malati di incontrare.

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