Intervista a Barbara Piga
Molto entusiasta di aver intervistato la Dott.ssa Piga, con una formazione a 360° in ambito: tecniche di movimento e riabilitazione. Ricercatrice “del corpo in movimento”.
È di fondamentale importanza approcciare al MOVIMENTO come ad una risorsa efficace nella prevenzione di patologie, nella gestione delle malattie croniche e degenerative e in uno stato di salute per conservare il Ben-Essere.
L’attività fisica (nelle sua più ampia accezione e nelle sue diverse modalità di espressione) integrata nei programmi di riabilitazione per pazienti affetti da lesioni fisiche o malattie croniche è un supporto nel recupero della mobilità, nel migliorare la forza muscolare e/o a gestire il dolore.
Perché parlare di attività e fisica e movimento?
Il nostro corpo vive grazie al movimento e all’attività, oltre che dei muscoli, anche degli organi interni, importanti per la nostra sopravvivenza, in uno stato perfetto di equilibrio e armonia che apporta al nostro organismo benessere e salute.
L’OMS ha identificato delle linee guida che riguardano l’attività fisica che si consiglia di praticare in base alle diverse fasce di età. Le evidenze dimostrano che fare attività fisica regolarmente aumenta la resistenza dell’organismo, rallenta l’involuzione dell’apparato muscolo-scheletrico e di quello cardiovascolare e anche le capacità psico-intellettuali ne traggono giovamento. In base all’età e al proprio stato di salute si consiglia di rivolgersi ad uno specialista per definire ed impostare le attività in base a specifiche esigenze.
E se parliamo di persone con malattia rara!
Per alcune MR l’Attività Fisica Adattata è una prescrizione molto importante da inserire in un Percorso unitamente ai farmaci e/o ad altre terapia, tesi ormai convalidata dalle Comunità Scientifiche Internazionali; ciò nonostante, riscontriamo che ancora oggi rientra spesso solo tra consigli e suggerimenti.
Inoltre, è importante evidenziare che per alcune persone l’Attività Fisica Adattata e un piano di Trattamento Dietoterapico sono pressoché indispensabili in modo continuativo in quanto rappresentano Terapie in grado di alleviare sofferenze o prevenire alcuni sintomi.

Cosa intende lei per Ricerca?
La ricerca è un punto di partenza. Si parte da uno stimolo che muove la sete di conoscenza: l’esigenza di rispondere a domande o a questioni irrisolte complesse.
Quali gli strumenti a disposizione?
La mia personale Ricerca è sempre stata incentrata sul Movimento del Corpo in relazione allo spazio:
- di tipo estetica
- di tipo funzionale, nata in principio dai bisogni di Chiara
poi, attraverso lo studio, negli anni, ho individuato che il movimento e l’arte del muoversi e della rappresentazione è una via di comunicazione importante; nello specifico per mia sorella Chiara è stato ed è uno “strumento” facilitatore per entrare in relazione con il mondo che la circonda ma contemporaneamente ho constatato che questo stesso strumento è altrettando valido per molte altre persone.
Educare al movimento è ascolto e comunicazione; il 73% della comunicazione avviene attraverso il linguaggio del corpo.
Il rapporto con mia sorella: dar voce ai suoi bisogni e alle sue esigenze, comprendere i suoi ritmi di vita e le sue modalità di apprendimento sono stati la chiave per intraprendere le mie ricerche; uno studio costante e continuo con l’obiettivo di rispondere a specifici bisogni di coloro che si affidano a me.

Mi parli brevemente di metodo e del suo approccio
Qui vorrei evidenziare il valore della metodologia: pilates physical training Research
Una ricerca fisica del movimento adattata alla Persona che si rivolge a me; ciascun individuo è diverso; quindi, l’importanza del concetto di Ricerca intesa come:
espressione corporea, acquisizione di movimenti, consapevolezza del corpo, coordinazione neuro-muscolare, mobilità articolare, relazione con l’altro, realizzazione ed espressione personale.
Il mio compito è comprendere i bisogni e le potenzialità di ciascuno ed impostare “il movimento” ad personam.
Affinché io possa perseguire l’obiettivo di apportare beneficio nella quotidianità delle persone devo mettere a fuoco le loro risorse e talenti, la Persona con tutto il Suo bagaglio di vita e non solo la malattia ed eventuali limiti che essa comporta nell’esecuzione di esercizi.

Tra i vari progetti di ricerca, si è dedicata al peso del corpo nello spazio. Può riassumerne il significato?
Il corpo e l’espressione di esso hanno un peso nello spazio che gli viene restituito dallo spazio stesso; questo è un concetto molto molto importante ed è stato oggetto per me di studio e ricerca:
quando imposto una sequenza di esercizi è fondamentale educare la persona a dare peso alle parti del proprio corpo.
Se l’obiettivo è riabilitativo, l’approccio è sempre in un concetto ampio di propriocezione corporea; è importante scoprire e lavorare su quelle che sono le possibilità: di ascolto, di preformazione, la capacità di interazione durante lo svolgimento di un esercizio con l’altra persona e all’interno dello spazio; a causa di un trauma o di una patologia, può essere necessario ricercare un nuovo equilibrio così da rendere performanti le funzioni ancora presenti integrando i limiti dati dalla disabilità nel movimento e nello spazio.
Qual è il punto di partenza?
Si parte da una risorsa effettiva della persona, dalle potenzialità psicofisiche, in quanto non posso prescindere da un concetto di corpo – mente nella sua interezza: la mente funziona attraverso il nostro corpo, il corpo è l’espressione della nostra mente e del nostro pensiero, il nostro pensiero è determinato dall’esperienza che il nostro corpo fa.
All’Università di Limerick ho approfondito la BMC®) teoria della studiosa Bonnie Bainbridge Cohen una tecnica di supporto alla danza: il Body-Mind Centering® (un approccio all’esplorazione del movimento e al processo di embodiment).
È una tecnica basata proprio su un lavoro di propriocezione corporeo e sullo studio dell’analisi dei movimenti di base dell’individuo dall’età evolutiva fino all’adulto, lei diceva che:
se vuoi vedere dove soffia il vento devi guardare la sabbia: la sabbia è il nostro corpo e il vento la nostra mente; io oggi aggiungo per esperienza e ricerca applicata su un campione molto ampio di individui che i pensieri che noi andiamo a fare sono quelli che derivano dall’esperienza fatta con il corpo non c’è un inizio e non c’è una fine è un continuum. Quindi, è vero che la BMC®) nasce come tecnica di supporto alla danza ma è di estrema utilità applicata in tantissime attività fisiche.
So che lei ha molta esperienza con persone disabili e anche affette da malattie rare. Qual è il suo approccio per impostare un programma di esercizi?
Quando entro in contatto con una persona non focalizzo la mia attenzione sulle sue eventuali disabilità io mi concentro su quelle che sono le sue potenzialità: mi concentro sulla Persona; quando bussano alla porta del mio studio io vedo “cosa mi sta portando” la persona con la sua esperienza e il suo bagaglio di vita; il mio compito è utilizzare tutto il potenziale per raggiungere l’obiettivo che ci prefissiamo; ovvio non potrò trascurare la patologia o negare ad esempio la mancanza di un arto, ne dovrò prendere atto per riequilibrare lo schema corporeo ma tutto il lavoro sarà impostato su quello che la persona porta con se in quel momento: quindi schema corporeo, condizionamenti motori e abilità di coordinazione.
Il Suo percorso di formazione e di ricerca è molto ampio e diversificato, ma con un unico soggetto di studio: il corpo
Esatto, direi su due versanti:
quello artistico quindi il corpo espressivo, performativo e quello più propriamente scientifico cioè il corpo motorio che lavora attraverso gli schemi: corporeo, di coordinazione, la postura, con sua la fisiologia, l’anatomia, la biomeccanica.
La fusione dei percorsi e le diverse discipline studiate mi consentono oggi di lavorare con il Movimento mettendo in campo una vasta gamma di “strumenti” e metodi potendo applicare la tecnica più idonea in base alla condizione psicofisica della persona al momento: qui ed ora;
la craniosacrale, piuttosto che la massoterapia, la posturologia, il teatro pilates, l’alexander technic o la body mind centering etc. competenze trasversali, tutte importanti in egual misura e complementari, un bagaglio che mi consente di avere una visione a tutto tondo della persona.

Vorrei tornare sul concetto di Movimento: le chiedo di approfondire
Ho una mia visione molto precisa: non mi piace pensare al corpo malato “che non è in grado di reagire” ma ad un corpo che ha bisogno di aiuto e deve trovare una via al Movimento; anche in situazioni complesse di malattia possiamo attingere a noi stessi: anche una persona non più in grado di muoversi può ricercare il movimento.
Noi siamo legati alla parola movimento in un’unica accezione: spostamento da un luogo ad un altro; certo muoversi significa spostarsi ma io posso anche pensare di “mettere in moto” cioè muovermi stando fermo, muovendomi dentro; ovvio è un concetto di movimento molto diverso che non sempre può portare con sé espressione.
Il corpo si muove anche stando fermo, nel senso che all’interno del nostro corpo accadono tutta una “serie di attività”, ogni singola cellula svolge attività vitali.
Non possiamo pensare di relegare il movimento solo al pensiero di un arto o a una mano che compiono azioni, ma concentraci sul movimento che ha come obiettivo il ben-essere.
Un concetto molto profondo che necessita di essere esplorato e di far proprio prima di “condividerlo”.
L’impegno è educare le persone al movimento e non solo insegnare loro sequenze di esercizi; trasferire un metodo attraverso il quale scoprire le proprie potenzialità: motorie, artistiche ed espressive a beneficio del corpo e a supporto della mente.
Sarebbe necessario un cambio di paradigma, di approccio educativo già dall’età evolutiva sia in riferimento al movimento, che alle arti (la musica, alla pittura etc.).
Qual è l’attenzione che si riserva alla ricerca in questo ambito? Si investe sui benefici derivati dal movimento e sull’importanza dell’attività fisica in generale, fondamentale per ciascuno ma in modo particolare per persone affette da patologie croniche e/o degenerative? È ormai provato che attività fisiche mirate integrate in un percorso di cura sono di grande supporto. Ciò che percepisco è che tutto sia lasciato piuttosto all’iniziativa personale: sia per quanto concerne la formazione professionale sia per quanto pertiene la scelta dei singoli di affiancare alle terapie farmacologie un’attività fisica
Si la formazione, potremmo dire è settoriale: in fisioterapia, in scienze motorie, in musica terapia etc., ora c’è una branca che forma professionisti su un metodo di attività fisica adattata: una specialistica in scienze motorie che abilita a lavorare con persone che hanno patologie croniche.
Personalmente non ho mai smesso di aggiornarmi e di fare ricerca e nel lavoro quotidiano ho appreso che la vera carenza è l’esperienza intesa come il vissuto con chi convive con una sindrome o una patologia, questo lo ritengo un limite che non consente di comprendere fino in fondo il disagio e i bisogni altrui.
Altra questione importante è quella di prescrivere di default attività fisica mirata in base alle esigenze: sono rarissimi ancora i casi nei quali all’interno di un percorso di cura ci sia l’indicazione della psicoterapia, un piano nutrizionale o specifici esercizi di posturale; solo per fare alcuni esempi…
Viviamo in una nazione in cui soltanto nel 2024 è stata ufficialmente riconosciuta la figura del chinesiologo (il suo compito è educare attraverso l’insegnamento al movimento la mobilità muscolo-scheletrica). Io ho conseguito il diploma ISEF nel 1993 con conseguente abilitazione ad insegnare l’educazione fisica nelle scuole medie e superiori, in quanto l’educazione motoria nella scuola elementare e materna non era mai stata contemplata; nei programmi ministeriali la sfera motoria legata allo sviluppo della personalità del bambino in realtà c’è, fa parte del programma ma non è previsto alcun tipo di insegnante con questo incarico.
Il titolo di studio, un diploma universitario che poi è stato trasformato in laurea in scienze motorie nel 2002, dapprima percorso triennale, poi quadriennale e successivamente quinquennale (3+2), una qualifica sempre “poco stimata” e non tenuta in considerazione. Basti pensare, che solo da un anno è una figura professionale riconosciuta con un suo codice ateco.
Questo per dire che non dobbiamo domandarci per quale motivo in un programma di presa in carico multidisciplinare non venga data la giusta importanza “al movimento” e non sia parte di una prescrizione medica (preventiva e/o parte del percorso di cura).
Dobbiamo partire nuovamente da una cultura della prevenzione, educare i giovani al movimento e all’esercizio fisico in senso stretto; forse poi parlare di approccio multidisciplinare nel quale viene contemplata la posturologia, ad es. come un percorso dal quale non si può prescindere.
Non c’è proprio il concetto di educazione rispetto al valore del lavoro con il proprio corpo, all’importanza che tutto l’apprendimento nell’età evolutiva passa attraverso l’educazione che si apprende attraverso il movimento del corpo propriocettivo:
come gli schemi motori di base che occorrono per relazionarsi con e nello spazio, e la scoperta di emozioni attraverso azioni.
Ciò che potremmo auspicare è una formazione rivolta agli specialisti proprio sull’arte del movimento e della respirazione e i suoi benefici nel quotidiano e a lungo termine.
Potrebbe fare un esempio?
Portiamo da un caso: una persona con sindrome multimalformativa: lo scheletro poco sviluppato, con una formazione disarmonica ed anomala del cranio, un apparato muscolare non sostenuto, una deformazione della cassa toracica etc. con conseguenti disagi e dolori importanti; cosa fare per alleviare il malessere?
È fondamentale conoscere alla perfezione il corpo umano: biologico, biomeccanico e fisiologico; analizzare attentamente le possibilità che ha la persona per non sovraccaricare, ricercare l’allineamento attraverso posizioni e mobilizzazioni, accompagnate dalla respirazione.
Ci sono evidenze scientifiche in merito ai benefici dell’attività fisica quale prevenzione e contenimento della degenerazione in alcune patologie?
Certamente, l’attività fisica per pazienti affetti da patologie cronico-degenerative, rappresenta una possibilità reale di recupero di alcune funzioni e in altri casi di contenimento della degenerazione dell’organismo, ovviamente appositamente declinata in base al quadro clinico generale della persona.
Parallelamente ad una condizione di stile di vita sano, l’attività fisica può contribuire efficacemente ad un’azione preventiva di alcune malattie, quali ad esempio:
il diabete, patologie ossee, cardiache etc.
Da non sottovalutare altri aspetti, non meno importanti:
grazie all’attività fisica il livello di endorfine nell’organismo aumenta, svolgendo una funzione analgesica, oltre che eccitante; ne trae beneficio il tono dell’umore mitigando i sintomi della depressione nonché migliora la qualità del sonno ed aiuta la regolarità intestinale.
Nonostante le evidenze scientifiche l’esercizio fisico è ampiamente sotto-stimato rispetto a interventi farmacologici o chirurgici.
Come già precedentemente accennato, le ragioni sono diverse: manca una cultura di base, una consapevolezza da parte dei medici, potremmo aggiungere anche una scarsa conoscenza dell’efficacia del Movimento impostato sulla base delle specifiche esigenze, aggiungerei una adeguata formazione teorica e pratica.
Se parliamo di persone con Malattie Rare! Quali sono le evidenze della ricerca?
Molte sono le patologie per le quali l’attività fisica, oggi indicata come Adattata, (che io con la mia formazione ho sempre adottato dopo un’attenta analisi e valutazione della persona) è considerata una prescrizione importante e non di secondo ordine rispetto ai farmaci: lavorare sul tono muscolare e sulla forza, sulla mobilità articolare, sulla consapevolezza del corpo e la coordinazione sono alla base, poi si imposteranno programmi di esercizi specifici in relazione ai bisogni.
Per fare un paio di esempi:
nei casi di persone con Sclerosi Sistemica Progressiva sappiamo che sono consigliati diversi esercizi: è importante lavorare sul loro volto con una serie di esercizi volti a potenziare la muscolatura (quindi mimica facciale) oppure lo scollamento connettivale; altrettanto importanti sono gli esercizi per la colonna, arti, mani e polsi (solo alcuni esempi).
Charcot-Marie-Tooth: diversi studi forniscono prove sul ruolo importante dell’attività fisica sia in ambito fisico che psicologico, che si traducono anche in un impatto positivo sulle aree di autostima, autoefficacia e salute mentale, nonché minor dolore neuropatico e una miglior qualità di vita in generale.
Quale auspicio per il futuro?
Mi piacerebbe che i professionisti che lavorano nel mio ambito affinassero la loro empatia. Secondo la mia visione non siamo solo chiamati ad impostare una sequenza di esercizi, ma noi lavoriamo con la Persona per ambire ad un miglior Ben-Essere psico – fisico e questo richiede un approccio profondo a 360° e non solo la conoscenza di un metodo e/o una tecnica.
Vorrei altresì a tal proposito trasferire, attraverso dei corsi di formazione, una metodologia al centro della quale c’è la Persona a prescindere dallo stato di salute: perché l’arte del movimento è terapia della quale ciascuno può beneficiare
Per Vanessa, l’unica persona che negli ultimi 20 anni sia riuscita a strapparmi una intervista e a farmi uscire dal nascondiglio dove mi ero felicemente infilata.
Grazie Barbara per il Tuo contributo e il prezioso tempo dedicato. Vanessa